Ocean terminal. Riuscirà mai qualcuno a conoscere il perché di questo
titolo di una selezione di spezzoni di vissuto intenso? Ricordo quando
Piergiorgio lo iniziò a scrivere. Il “romanzo” lo chiamava. Il profondo
rispetto per i suoi intimi segreti non mi faceva mai varcare la soglia di
quella cartella che conteneva questo file sul suo pc. In devoto silenzio
digitalizzavo dei libri, che non poteva più sfogliare. I suoi occhi guardavano
la punta del bastoncino che, saltellando ritmicamente sulla tastiera, accompagnava
l’ansimare del respiratore. Spesso i suoi sguardi vagavano oltre il muro della
stanza e la sua mimica facciale esprimeva emozioni. Perché questa divagazione?
Non è forse l’attore la personalizzazione di quel bastoncino nelle mani
di quel corpo martoriato dalla distrofia muscolare? Quella punta del bastoncino
imprimeva sulla tastiera non solo le sue confessioni segrete, inconfessabili in
vita, ma l’interpretazione di un dolore universale dell’umanità. Emanuele
Vezzoli è, grazie alla sua profonda sensibilità e alla sua cultura, il giusto
interprete di quel Weltschmerz non romantico, ma interpretato dal corpo malato
di Piergiorgio. Un corpo che poneva infiniti e continui limiti alla libertà di
espressione della sua mente.
Ecco come e perché questa antologia di vita poteva, doveva diventare
spettacolo. Quello che io avevo visto nascere da Piergiorgio, Emanuele Vezzoli
lo rende reale. Ogni fibra del corpo dell’attore esprime emozioni in armonia
con la voce, i silenzi, i gesti, gli sguardi, il respiro. In pochi attimi
percepisco un concentrato di dolore infinito o di meraviglia e piacere vissuti
insieme. Il linguaggio espressivo corporeo di Emanuele fa rivivere allo
spettatore un vissuto intimo di una persona speciale quale era stata
Piergiorgio. Osservando la platea mi accorgo che le reazioni sono quasi
contagiose. Le persone sono intimamente coinvolte loro malgrado, come era
coinvolto dalle sue battute spiritose chi veniva a trovarlo o veniva trascinato
alla fine nel tremendo “gurgite vasto” della sua estrema sofferenza. In vita le
sue emozioni non le manifestava se non con grande discrezione. In Ocean
terminal Piergiorgio è riuscito a esprimere in parole la molteplicità di
emozioni, dubbi, tormenti, paure, suggestioni, turbamenti, passioni. L’arte di
Piergiorgio la trovo nella sua capacità di esprimere in parole in modo
armonioso ciò che agli altri voleva nascondere, per non pesare in modo emotivo
su di loro. Non aveva forse inconsapevolmente lasciato questa eredità a persone
sensibili? Come, infatti, lo ha
incontrato, attraverso il suo libro,
Emanuele Vezzoli, che con il suo corpo di attore sa parlare ai cuori
delle platee?
Roma, gennaio 2013
Mina Welby
Co-presidente
Associazione Luca Coscioni
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